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La tragedia della 32enne Valentina Milluzzo, morta in ospedale poco dopo aver perso i due gemelli che portava in grembo, ha assunto negli ultimi giorni una portata nazionale. La notizia del presunto medico obiettore ha scatenato una serie di reazioni esasperate, certamente devastanti per chi – suo malgrado – è stato già condannato prima ancora di un processo.

Non mi riferisco alla condanna da parte dei familiari della vittima; certamente loro sono gli unici giustificati davanti a un evento ingiustificabile. Non tollero assolutamente, invece, chi si nutre del dolore per alimentare attraverso i media morbosità, rabbia e disprezzo. Perché è facile mettere qualcuno alla berlina, sputtanarlo in pubblica piazza anche senza prove, difendendosi con qualche verbo al condizionale. Molto più difficile è restituire l’onore perduto quando ci si dovesse accorgere di avere sbagliato.

Ecco perché, in un caso delicato come la morte di Valentina Milluzzo e dei suoi piccoli, sarebbe meglio mettere un freno al sensazionalismo sterile e raccontare la verità attraverso i fatti. È un po’ più difficile, lo riconosco, ma fare il giornalista è un po’ più difficile di dire di esserlo.



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