Cominciare una rivoluzione è facile, portarla avanti è molto difficile, diceva Nelson Mandela tanti anni addietro. Il vocabolo “rivoluzione”, tanto sbandierato in televisione e ora più che mai sui social da impavidi combattenti da tastiera, rischia di rimanere una parola come le altre, buttata lì al momento giusto per un pugno di like.
Si ingaggiano battaglie su tutto: malaffare, corruzione, grandi mafie. Peccato che poi quasi mai (chissà come mai) la risposta della pancia del Paese sia totalmente l’opposto delle premesse sperate. Un esempio banale su tutti: il business dei parcheggiatori abusivi. Da Palermo, il sindaco Orlando ha invocato a Roma di inasprire le sanzioni fino al carcere per gli abusivi. Applausi a destra e sinistra, rigorosamente su Facebook. Poi, usciti di casa e lontani dai vividi schermi retina degli iPad, ci tocca constatare reazioni decisamente più sbiadite.
A Catania, come a Palermo, la richiesta del posteggiatore spesso assume i toni del decreto ingiuntivo, e al posto di una solenne pernacchia si tira fuori il portafogli a capo chino. Prima della grande rivoluzione basterebbero i piccoli gesti, come opporsi a un piccolo pizzo, o a un piccolo prepotente. Poi, se volete, 'andate a comandare'.